Presidio del libro di Corato: 1 po' di storia - attività del 2007

sabato 6 dicembre 2008

1 po' di storia - attività del 2007

2006-2007

Laboratorio annuale per cantastorie

Viaggio alla scoperta delle diverse forme di narrazione (da quelle più tradizionali che rischiano di scomparire, sino alle interpretazioni più contemporanee), ma, soprattutto, dei diversi aspetti o gradi del narrare.
La voce, il suono, sono strettamente connesse al corpo, alla carnalità, alla materialità di un corpo che parla, un corpo che emette un suono.
Per ascoltare questo suono in tutta la sua autenticità (per esserne investito) devi esserci, devi essere presente lì, proprio in quell'istante, con tutti i tuoi sensi all'erta.
In più la narrazione può essere considerata come un rito perchè le parole pronunciate hanno il potere di evocare dei mondi.
L’atto del narrare in se stesso si fonda sul potere suasivo della voce narrante.
L’attività affabulatoria originaria ha una funzione rituale e relazionale: relazione e comunicazione che avvengono attraverso la sola voce.
L’atto del narrare, poi, ha una valenza, una forza creatrice.
Quindi attraverso l’esplorazione (lo studio) del rapporto fra vocalità, oralità e scrittura intendiamo avviare anche un lento, graduale, inarrestabile, processo di riavvicinamento, riscoperta e riappropriazione del territorio.

marzo 2007

LEGGIMI FORTE!

Incontro con Guido Quarzo e Rita Valentino Merletti

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N.B.

In tutti questi anni il presidio di Corato non si è limitato a presentare dei libri (attività svolta egregiamente dalle due librerie della città e da altre associazioni), ma ha usato questi ultimi come strumentI di riappropriazione e socializzazione di spazi pubblici e di beni comuni che i cittadini percepiscono erroneamente come "proprietà" delle amministrazioni di turno.

SI TRATTA INVECE DI LUOGHI CHE CI APPARTENGONO E CHE DOBBIAMO RIVENDICARE "ABITANDOLI".

A partire dal 9 dicembre 2008 intendiamo prendere "d'assalto" la Biblioteca Comunale e trasformarla nel centro di una rete estesa a tutto il paese.

Perché diamo tanta importanza alle biblioteche? Perché La biblioteca è un luogo “politico”. E’ un luogo simbolico in cui le linee politiche, gli orizzonti politici di questa o quella amministrazione si fanno evidenti se per lettura intendiamo l’esercizio del pensiero critico, della creatività e della cittadinanza attiva. La biblioteca diventerà un laboratorio di cittadinanza attiva. Sarà il segno tangibile dell’esistenza della possibilità di agire in prima persona in tutela di un bene comune anche attraverso piccoli gesti.

Perchè, a che scopo, promuovere la lettura?
Che tipo di paese è l’Italia?
I dati riportati da Tullio De Mauro ne “La cultura degli italiani” spaventano e fanno riflettere: il 66% degli italiani ha un’insufficiente competenza alfabetica.
Un paese civile, democratico, progredito con più di 2 milioni di adulti analfabeti.
Un paese con 15 milioni di semianalfabeti.
Un paese in cui altri 15 milioni di persone rischiano di ripiombare in una condizione di semianalfabetismo.
L’Italia è un paese in cui la democrazia stessa è a rischio.
Per questa ragione ogni attività di promozione della lettura assume inevitabilmente dei connotati “politici”.
In un contesto simile rivendicare il diritto alla bellezza, alla qualità della vita, alla partecipazione, non può non assumere un significato politico.
Dobbiamo assumerci delle responsabilità e chiederci: perché, a che scopo, promuovere la lettura? In quale lettore sperare?
In quale lettore sperare allora?
Un lettore simile al ritratto che Pasolini fa di se stesso, del proprio mestiere e dell’istinto di quel mestiere, sarebbe il massimo.
“Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere”.
Perché un presidio “a più teste” a Corato?
Corato conta più di 100 associazioni eppure langue, non si evolve, resta ferma.
In tutti questi anni abbiamo assistito ad una lenta, lentissima, ma inarrestabile involuzione sociale, culturale e politica.
La politica culturale coratina si può riassumere in una frase (abusata, ma efficace): Panem et circenses.
Eppure esistono personalità incredibili e talenti sorprendenti.
Esistono, ma comunicano raramente.
100-109 realtà associative = 100 e più piccoli orti in cui, sempre più spesso, ogni protagonista della nostra vita culturale può facilmente ricevere tutta la luce dei riflettori: i palchi diventano sempre più piccoli e impossibili da condividere…
E’ vero Corato conta più di 45.000 abitanti, ma i numeri non devono ingannare perché, sotto sotto, la mentalità è rimasta quella di un paese.
Viviamo in un paese “ricco” in cui proliferano gli Istituti di Credito perché, come afferma Luigi Amorese (direttore della nuovissima filiale della Banca Popolare del Materano), “se le banche investono a Corato il merito indiscutibilmente è dell’economia coratina. Il tessuto sociale ed industriale della nostra città è di tutto rispetto e, credo di poter affermare, superiore a molti dei paesi che ci circondano.
Posso dire con certezza che la nostra laboriosità è risaputa. Nel territorio circostante e non solo, Corato vanta una stima consolidata e forse superiore a quella che molti tra gli stessi cittadini credono. Ho potuto apprezzare in tante occasioni la serietà delle imprese coratine, in tanti casi chiamate ad operare ben al di là dei confini regionali”.
Sarà…ma il “tessuto” sociale si vede a fatica.
In ambito culturale vi sono molte pregevoli iniziative, ma di cortissimo respiro perché vivono una stagione sola.
La nostra ambizione è che questo piccolo Presidio Locale possa divenire un soggetto multiplo, una realtà corale perché la frammentazione non favorisce la crescita di una realtà collettiva.
Crediamo sia necessario creare un luogo, un momento, in cui una comunità possa incontrarsi, riflettere, dibattere, scontrarsi.
Un luogo in cui i singoli possano socializzare competenze, talenti ed esperienze.
Un luogo, un momento, in cui lo specifico talento di ognuno possa esser speso a vantaggio di uno scopo comune.
Un luogo in cui si possa comprendere che è necessario ridimensionarsi, “fare spazio”, “dare ossigeno” agli altri se si vuole che una comunità (un “tessuto”) esista davvero e possa crescere.
Un presidio non funziona solo perché nel paese in cui è attivo si vendono più libri.
Un presidio funziona se incrementa la partecipazione attiva delle persone. Funziona se incide positivamente sulla qualità della loro partecipazione. E questi sono risultati che si possono ottenere solo sul lungo periodo.